Tagiar a tochi un conicio e metarlo in tecia co: ogio, butiro, un fià de segola, sal e pevare. Quando ch’el se sarà inrosolìo, zontarghe un pestexin finissimo de parsemolo, agio e le so picagie (ossia i so interiori). Pena che sto pestexin el se sarà scaltrio, unirghe un goto de acqua (megio de vìn bianco). Spetarche la carne la sia cota e tenara, po servirla co polenta.
Versione tradotta in lingua italiana
Tagliate a tocchetti un grasso coniglio “Padre Antonio” e adagiatelo in pentola insieme a: olio, burro, un poco di cipolla, sale e pepe. Allorché il ghiotto coniglio “Padre Antonio” risulterà rosolato ben bene, aggiungete un trito finissimo di prezzemolo, aglio e interiora. Non appena codesto trito avrà preso colore, unite un bicchier d’acqua (meglio ancora, di vino bianco). Attendete che le carni del vostro saporitissimo coniglio “Padre Antonio” siano cotte e tenere, indi servite con un contorno di polenta.
* * *
Dal rinomato quaderno di casa Andrich, eccovi il miglior modo per cucinare un grasso e nutriente coniglio. Per una perfetta riuscita del piatto si suggerisce vivamente l’impiego di conigli “Padre Antonio” (autentica razza americana garantita).
Si ringrazia l’Aff.ma Autrice Mariù Salvatori de Zuliani per avere raccolto nel prezioso volume A tola co i nostri veci questa e altre sapide ricettine della cucina veneziana.
Si prema qui per visionare l’articolo in versione originale.
etichette: conigli, Padre Antonio, ricetta, Venezia
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Quindi, Esimia Rigattiera, Lei sta sostenendo che la qualita’ dei conigli “Padre Antonio” sia tale da rendere inutile l’iniziale pulizia con un po’ di aceto (per togliere il “selvatico”, come dice mia nonna)?
Chissa’ se nel raro “Cui pee suta al taul” ci sono le stesse ricette di “A tola co i nostri veci” solo tradotte?
Carissimo Signor Mario,
abbiamo consultato lo spirito di nostra nonna buonanima. Ella sostiene che il coniglio si debba acidulare solo in costanza di “spusa de freschin” e naturalmente questo non può essere il caso dei conigli “Padre Antonio”.
Per quanto riguarda il volume da lei citato, sarebbe necessaria una verifica. Non escludiamo l’esistenza di una trascrizione lumbarda.
Esimia Rigattiera,
nella vana speranza di sorprenderLa, Le segnalo la presenza nelle librerie di un faldone deidicato alla cucina italiana ai tempi dell’autarchia, in cui numerosi sono i riferimenti alla nostra beneamata Petronilla.
Sempre cordialmente
Mario Pe(l)lacani
Egr. sig. Pe(l)lacani, in qualità di sensale e magazziniera della rigattiera nera la prego di segnalarmi gli estremi del volume da lei indicato.
Per quanto esso possa non costituire materiale qui pubblicabile (come lei sa, infatti, si accettano solo reperti d’antan originali e in proprietà dei rispettivi contributori), sono sicura che la materia sarà di vivo interesse per me e per la rigattiera nera.
Grazie infinite in anticipo!
Sara’ mia premura farlo
Ella mi vorra’ spero perdonare per l’imperdonabile lentezza nel fornirLe l’informazione desiata, ma ahime’ pare che tale pubblicazione esista solo nella mia mente e nella libreria dove la vidi, non essendovene traccia altrove.
Non appena trovero’ un bianco destriero per cola’ recarmi vedro’ di colmare questa terribile lacuna.
Noi confidiamo in Lei, signor Mario.
Con immutata stima,
la rigattiera nera
Rigattiera esimia,
finalmente sfruttando la bella abitudine dei di’ di liberta’ dalle attivita’ retribuite, potei tornare nell’antro dei misteri librari e raccogliere le informazioni desiate.
Il papello in questione appartiene all’estro scrittorio di tal Sandro Bellei, che l’ha nomato “La cucina autarchica” e l’ha realizzato grazie a un principe illuminato ed editore che risponde al nome buffo di CDL.
Illuminante il sottotitolo: “Chi mangia troppo deruba la patria”.
Mistero sulle edizioni: sono due, la prima costa 39 talleri, la seconda, con copertina rigida e 24 pagine in piu’, 29 talleri.
Sempre a Sua disposizione
Mario Pe(l)lacani
Grazie per il prezioso contributo, signor Mario: la nostra sensale, signora Artemisia, sarà lieta di andar per librerie alla ricerca del volume.
Le dedicheremo senz’altro l’assaggio del nostro primo piatto di “fagiolini senza fagiolini”!
Ne saro’ da subito ghiottissimo.
Intanto io sto provando il “brodo di guerra”.
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